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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

mercoledì 20 gennaio 2010

Schopenhauer

Studio filosofia.
E ammetto che ogni tanto ci rimani un pò di sasso, quando scopri che un filosofo ne sa a pacchi, e ti ripete qualcosa che avevi impiegato mesi e mesi a condensare in un post.
Come Schopenhauer per l'appunto, che scrive:
"Se la passione del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito..."
E' una perla di saggezza che mi fa pensare; forse non era poi così folle, questo tedesco; in queste piccole domande che ti arrovellano il cervello e ti spingono a leggere ancora, trovo gli unici motivi che mi fanno gustare la filosofia.
Forse gli unici necessari, ecco, mi suscita interesse e tanto basta per farmelo piacere; mentre lui, il nostro Schop, ha scritto brani su brani, ha cercato la verità e ha creduto (o forse lo ha fatto sul serio?) di averla trovata, e non riusciva ad uscire fuori dal pessimismo che lo attanagliava.
Oggi sono qui a studiarlo, a rileggere i suoi preziosi esempi, e mi domando: chissà se era felice.
(In realtà credo non lo fosse, per sicurezza se tornassi nel passato gli troverei un hobby o una ragazza, che so, magari gli farei aprire un blog così sembra meno strambo, un look riassestato e via.)

Buonanotte Schop, principe del Maine, futuro re della nuova Inghilterra.

martedì 19 gennaio 2010

Buonasera.

Buonasera.
Sì, ancora qui questa sera, a rimuginare come prima e, nel frattempo, mentre le rotelline nel mio cranio ruotano si incastrano e pensano, il tempo è passato, volato; sono volato anche io, no, non ho volato, sono semplicemente cambiato, ma chi non muta al giorno d'oggi. E' impossibile resistere al fiume tumultuoso della vita, allo scorrere incessante dei giorni, ed è vietato a noi comuni mortali ergersi come scogli, restare immobili di fronte all'immensità, no, panta rei, e ancora e ancora, tutto prosegue.
Anche io ho un seguito, ma ciò che più preoccupa è il precedente. Sono cambiato. Ho ucciso. Sì.
Mi sento diverso, incupito da un pacchetto di Camel che risplende lucido e immacolato sulla scrivania, timoroso ma non timorato, debole e pensoso come solo io so essere.
Non ho mai avuto armi, né pistole né spade, nulla. Eppure sono colpevole, sono io che ho commesso questo orrendo crimine, e mai mi perdonerò per questo.
Leggo le mie parole mentre le scrivo, ridicole. E' l'unica cosa che riesco a pensare, ed è perché so chi è l'autore. Un falso, un essere vuoto, così come sono vane le parole che imbrattano d'inchiostro un foglio lindo. L'unica cosa a cui posso pensare sono le sigarette, loro, le mie nemiche, la mia battaglia persa, la mia guerra contro i mulini a vento. C'è vento, non riesco ad accendere, chiudo la finestra, fa caldo. Sì, tengo le finestre aperte d'inverno, perché mi piace il brivido del tepore del gas che va e viene, e fanculo all'ambiente.
Fumo, respiro, lascio fare alla nicotina in modo che non ci sia più traccia degli alveoli, nulla. Sento il nulla, lo sento dentro, e non fa bene, per niente, ma io non ho nulla dentro, ricordi? Sono vuoto. E' inutile cercare un senso nel danno fisico, hai già perso la sfida con il tuo Io. Ti sei perso l'accendino, la seconda sigaretta è rimandata, ma solo per questa volta.
Mentre fumo, penso ancora. E penso a come si sia consumato quest'omicidio: è orribile, ma non macabro, non ha nulla di truculento. L'atrocità sta nel suo lento protrarsi nel tempo, come a sottolineare la fugacità della vita.
Sangue? Nessuna traccia. No, non cercare tracce evidenti, prove schiaccianti, l'unico indizio è dentro di te, è nel tuo cervello, nella tua mente. Ma tu sei vuoto, ricordi? Tu non sei niente, e allora cosa vuoi ricordare.
Cerco di immaginare il rosso per terra, le gocce che rimbombano nell'eterno silenzio, ma non sento nulla di tutto ciò.
L'arma del delitto? Nessuna. Non cercare scusanti, non andare alla ricerca di prove efficaci, l'unico indizio che hai è l'unico di cui hai bisogno, ed è dritto nel tuo cervello, è conficcato lì e non lo rimuoverai mai, è l'indelebile ricordo delle tue azioni logoranti e corrotte che ti uccidono, che ti hanno già ucciso.
Cerco di districarmi nel caos delle mie allucinazioni, ma non ci riesco, io e tu, tutto si confonde, te e io, Io, chi sono io?
L'assassino? Sì, io sono colui che ha ucciso. Che si è ucciso, che mi ha ucciso. Sono l'assassino di me stesso, colui che ha rovinato tutto, che si è rovinato. Non mi nascondo più dietro il fumo nella stanza, non mi rifugio in un pacchetto di Camel, non ci penso più. Io sono morto.

Mi domando se scrivendo tutto questo, possa io finalmente porre la parola fine alla straziante storia che ho vissuto: ma c'è un seguito, perché quando sei vuoto, prima o poi qualcosa entrerà.
C'è sempre un seguito.