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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

domenica 28 febbraio 2010

Non capisco

Questa sera non capisco.
Non c'è nessuna metafora, nessun doppio senso.
Semplicemente non capisco.
Probabilmente sono io che non ci arrivo, sarà che non sono abituato. A dover scegliere, a dover fare quello che pure ho tanto sognato.
Il fatto è che quando le cose arrivano non sono mai come ce le si aspetta; non dico brutte, semplicemente diverse. E ti ci devi raccapezzare in un modo o nell'altro.
Io però non ci sono ancora riuscito, e sono qui, sballottolato dal chiarore di luna, a cercare un significato dietro il filo logico che logico non è della mia vita.
Solo che non ne trovo nessuno.
E allora vivo e vado avanti, che magari un senso lo trovo alla prossima fermata.

mercoledì 10 febbraio 2010

fIorellino

L'aria fredda del mattino inondava l'aula 12 della facoltà di lettere e filosofia. Il professore tardava ad arrivare, le scritte sulla lavagna campeggiavano caotiche e fitte, come se il gesso da un momento all'altro fosse pronto a esplodere per dare un po' d'ordine e di pulizia.
In fondo alla sala, nella penombra, sedeva un uomo dall'aria attonita ma seriosa, al punto che lo studente in prima fila era quasi impaurito da quella ermetica figura, simile a un falco che mira la sua preda.
All'inizio non lo aveva notato, ma girandosi intorno ogni tanto, fra un ripasso e uno snack, il ragazzo si era stupito della sua immobilità, della sua fermezza. Col passare dei minuti gli altri scolari avevano iniziato a sedersi frai banchi, ma guardavano con altrettanto sospetto gli ultimi posti, e quell'uomo rimaneva indifferente, come una statua di marmo; e i suoi tratti non venivano nemmeno scalfiti dalla pioggia degli sguardi malevoli e diffidenti che i ragazzi gli lanciavano.
Lo studente in primo banco era a mano a mano sempre più curioso, eroso dal dubbio e dalle ipotesi, mentre nella sua mente prendevano vita le trame dei più incredibili episodi di C.S.I.
Il ticchettio delle lancette lo angosciava ogni secondo di più e così, cedendo alla sua brama di sapere, sconvolto dall'indifferenza di quell'essere, chiuse il quaderno di letteratura, scordò Boiardo, Ariosto e Tasso e con passo deciso e sostenuto si diresse verso di lui.
A poco a poco tutti cominciarono a confabulare e i loro occhi, pervasi da un misto di curiosità e orrore, lo fissarono turbandolo non poco; ma nulla poteva allibirlo più di quello che vide lì in fondo: lo sguardo vitreo del suo professore, con un piccolo foro nella tempia da cui grondava sangue, una pistola sul tavolo e un foglio con su scritto: "La lezione è finita."

martedì 9 febbraio 2010

Direzioni.

E' interessante scoprire in un giorno di febbraio che la metro A, in alcuni tratti del suo percorso, esce allo scoperto, fuori dalle viscere della terra. Passa sopra un ponte, sopra il Tevere, e i raggi del tramonto illuminano il vagone, abituato al freddo e triste colore delle lampade al neon.
Eccoci qui, al di sopra di quei cunicoli che sono i meandri di Roma, i tunnel sotterranei della notte artificiale; ma qualcosa nell'aria è differente.
Nessuno intorno a me è stordito, sconvolto, sembrano tutti sapere bene dove si trovano e continuano imperterriti nelle loro azioni: leggono il giornale, ascoltano musica, sbirciano in giro.
Eppure io sento che c'è qualcosa di diverso: rimango allibito e contemporaneamente incantato dalle rive del fiume, dalle rotaie che si affiancano alla carreggiata, come in un sogno.
Al flebile ma costante rumore del moto si aggiunge poi la rincuorante, meccanica ma affezionata, voce dell'annuncio, e colgo di essere giunto alla fermata di Lepanto.
Oh sì, Lepanto, direzione Battistini, il nord di Roma.
Il nord di Roma.
Ecco cosa cazzo c'era di diverso, io dovevo andare ad Anagnina.
Scendo di corsa e vado a cambiare binario, mentre maledico quella infima e intricata città.
E so che di sicuro perderò la coincidenza.