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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

lunedì 24 novembre 2008

Amicizia o forse no

Devo scrivere assolutamente, prima che dalla mia bocca o dalle mie mani esca fuori qualcosa di insensato. Devo proteggermi da eventuali vendette, ripicche e atteggiamenti controproducenti.
Quanto può influenzare un uomo un generico saggio breve, ordinato da una generica professoressa per un generico giorno? Generalmente poco, molto poco.
Cosa succede tuttavia se al posto di un generico argomento prendiamo in considerazione l'amicizia? Ancora niente, direte voi. Un normalissimo saggio breve su un normalissimo rapporto umano.
No, non è così, almeno non nel mio caso.
Mi ritrovo ancora confuso e disperso, libero di vagare nei miei pensieri alla ricerca di una soluzione netta e definita di cui non conosco l'ubicazione. Ho perso il TomTom mentale, perciò mi ritrovo a un bivio sconosciuto, per proseguire su vie ancora più tetre e ignote.
Chi è un amico? Non lo so, in linea di massima direi qualcuno con cui condividi. Nella vita reale lo so, non è così: ci sono gli amici che se incontri per strada non li saluti, gli amici per modo di dire. Poi ci sono gli amici che vedi una volta all'anno di cui facilmente ti scordi il nome; ci sono gli amici veri, quelli indimenticabili, e quelli che credevi tali fino al giorno prima. Quelli che non scorderai mai, quelli che forse avresti fatto meglio a farlo.

Reduce da una giornata non troppo stressante, mi dedico con più tranquillità all'argomento. Come un topo alla ricerca del formaggio, voglio anche io rosicchiare una parte di verità; e se non ne esiste nemmeno una assoluta, valida per tutti noi, che almeno io possa trovare quella risposta alla domanda.
Ma mi rendo conto di avvicinarmi quasi come asintoto a una definizione del problema, sempre più vicino ma impalpabile, accanto alla domanda ma pur sempre perso nel mio labirinto della mente.

Avere un amico non basta. Si è squarciati dall'interno dalle sfumature che questa esperienza può assumere, dalla variabilità umana che è così vasta e ampia da non permettere mai a due sentimenti di riscontrarsi ugualmente; eppure siamo soliti raggruppare emozioni così differenti, unirle in "parole" da glossario che le squadrino, le costringano in un contenitore mentre strabordano e straripano dagli argini, dai limiti che Noi imponiamo ad esse.
Filosofia, letteratura, matematica, così come tutte le arti e le scienze da sempre sono state influenzate dal pensiero Aristotelico del bianco e del nero, dell'impossibilità del coesistere; così non esiste il grigio, ma solo gli estremi, così non c'è una via di mezzo, ma solo due strade che sono così distanti fra loro.

La storia tuttavia ha dato ragione al grigio. Chi è stato a un estremo della società, della vita, del pensiero e dell'azione è sempre stato confinato e poi sconfitto. Essere equi dovrebbe essere il fine principale della nostra vita.

Perciò arrivo a domandarmi perché abbiamo un lessico così limitato per esprimere concetti così vasti e numerosi. Tre parole per infiniti sentimenti. Amore, Amicizia e Odio. No, non è così. Non è ne bianco ne nero, almeno non sempre.
Col coraggio e la responsabilità delle nostre azioni dobbiamo affrontare questa realtà, questi confini così netti che in natura non esistono. Il "Generico" è un nemico da sconfiggere, perché solo nella particolarità risiede il nostro reale pensiero e la nostra vera esperienza.

Il primo punto della mia discussione, della mia analisi è chiaro: la domanda risiede nel linguaggio ed esso, limitato dalle regole della conformità e dell'uniformato universo, ci costringe a comportarci come fotocopie senza anima, sostenute solo dalla standardizzazione dei nostri caratteri, corrispondenti o a modelli predefiniti o a concetti preesistenti, ideati da altri, a cui noi arriviamo ad appartenere grazie a infantili giochi mentali; chi si distacca della folla non è forse un semplice isolato? E ciò non vale solo per l'amicizia, come potrebbe sembrare, ma anche per tutti i comportamenti umani.

Noi siamo solo ciò che gli altri ci attribuiscono. Ormai non è più essere; in questa società odierna e occidentale, è solo apparire.

A questo punto, mi ritengo un po' più illuminato del solito, anche se probabilmente per voi tutto ciò è solo un folle ragionamento senza capo ne coda. Non nel mio cervello ad ogni modo, perciò cercherò di farvi capire il più possibile dei miei ragionamenti astrusi e complicati.

Passo alla risposta che, contrariamente a quello che si potrebbe pensare, non è 42, ma c'è e se ne può discutere. Comunque, procediamo gradualmente.
La domanda è limitata, così come lo è il nostro carattere, per via delle regole codificate e canoniche che influenzano la nostra vita e il nostro parlare; siamo arginati e costretti a esprimerci non al meglio, ma convenzionalmente.
La risposta dunque sarà altrettanto limitata? No, perché l'analisi interiore non è confinata dalle parole. Quello che sentiamo può venire espresso e, se ci si concentra sull'analisi dei sentimenti e non su quella delle parole, si potranno ottenere molte più soluzioni.

Sì, credo di esserci. Credo di aver illuminato il bivio, di sapere dove conducono le due vie che mi si presentano di fronte.
Da una parte c'è il pragmatismo, l'adattamento, il cambiare secondo ciò che più ci conviene, in modo da essere attuali e fortunati, sorretti dal caso.
Dall'altra parte c'è la riflessione, quella personale, l'ingegnarsi per capirsi piuttosto che l'ingegnarsi per apparire meglio.

Quale via bisogna percorrere? Chi lo sa, non lo sapremo mai. La mia scelta? La state leggendo.

lunedì 10 novembre 2008

Angoscia, Fretta, Rabbia

L'angosciante incombere del tempo, il ritmo martellante della giornata, lo scandirsi imperturbabile delle ore, dei minuti, dei secondi. Rapidi, devastanti, gli attimi si susseguono immediati, non hai più nemmeno un momento per respirare. Non hai tempo. Non c'è più nulla da fare. Sei in ritardo, fuggi, scappi, cerchi una soluzione ma ormai è troppo, troppo tardi.
Cadi nel baratro dell'interminabile avanzata dei secondi, la marcia degli anni che ormai ti trafigge.
Sei sconfitto.
Hai perso.
Carpe diem.