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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

domenica 26 dicembre 2010

Probabilmente

Probabilmente hai una bella vita, ora. Qualcosa è cambiato, è migliorato. Ora i buchi che prima erano vuoti si sono riempiti, come se la sabbia avesse colmato il barattolo della tua esistenza. E' facile giocare a dadi col destino ogni giorno, ipotizzare, pensare a quel che saresti adesso se le cose fossero andate diversamente. Eppure io ogni giorno lotto perché non ci credo al destino, a quello stesso fato che dovrebbe influenzarci: e qui sta la sottile differenza, la linea sottile che ha diviso come un profondo burrone due persone, tre persone, troppe persone. Mentre tu da quella sorte sei stato schiavizzato io adesso sono libero, appesantito e allibito dalla conoscenza e dalla coscienza che si sono rianimate (o semplicemente nate?) in me. Ora vedo, sospiro e scorgo oltre l'orizzonte la piattezza del tuo mare mentre navigo nella mia burrasca. Sento che la calma è pacifica, desiderabile eppure non proverei più l'ebrezza della brezza. Voglio ancora con tutte le mie forze evitare di naufragare in un mare che non è dolce per niente, ma di cui non disgusto il sale, perché è il sale che mi fa galleggiare. Sò che dovrei essere imparziale adesso, ammettere l'equità delle scelte, ma il mio cervello batte il mio cuore e sa bene che tutto ciò non è ammissibile. La burrasca coglie tutti primi e poi, qualcuno prova a navigarci, altri attendono cruento il loro destino. Addio, naufraga d'esistenza, di scelte e d'impegno, addio. Probabilmente non ci rivedremo più, e sarò lontano quando affogherò, ma lo farò col sapore salato del mare sulla lingua. Con gli occhi chiusi. Probabilmente.

domenica 17 ottobre 2010

Sono un utopista

Sono un utopista, è vero. Perché credo in tante cose, e dato che si dice che è normale crederci quando si è giovani, beh allora spero di rimanerci giovane, giovane dentro. Sono convinto che il mondo fa davvero schifo, e non lo dico per moralismo o chissà quale cazzo di ideologia, lo dico perché quando guardo il tg, quando leggo le news, quando ascolto quello che il mondo ha da dire sento tanta rabbia, ingiustizia e tristezza. Penso che il lieto fine ci sia soltanto nei film e nei libri di Clive Cussler, mentre qua fuori la gente lotta dalla mattina alla sera e ha pace soltanto nel sonno. Non mi piace chi se ne frega, chi si lascia tutto alle spalle o semplicemente pensa solo a se stesso; il futuro io lo vedo nella tecnologia, nella solidarietà e nel compromesso che un pianeta tanto complesso può tuttavia trovare. Nell'inerzia vedo solamente una scusa, c'è sempre qualcosa che ognuno di noi può fare. E non esiste motivo per cui una lotta debba finire, anche fossi solo tu stesso a portarla avanti. Non c'è ragione che possa distruggere una persona, perché le idee quelle non te le possono rubare. Potranno provarci, ma la tua testa non te la possono togliere perché fino a quando vivrai potrai usarla a tuo piacimento. E allora usiamola tutti, teniamola in vita, perché su questa terra ci si sta una manciata di decenni, non per secoli. Se vuoi fare qualcosa, è questo il momento. Non bisogna aspettare, ma fare. E quando sento gridare "Yes, we can" o vedo la gente manifestare, sono contento, perché sono tutte persone che vogliono dire la loro, che non vogliono accettare le cose come stanno: Perché le cose stanno così fino a quando qualcuno non le cambia.
E oggi tocca cambiarle.
E oggi tocca cambiare.

domenica 12 settembre 2010

Col senno di poi

Che poi, a guardarle col senno di poi, le cose fanno ridere.
Ad esempio le donne. Le donne sono una di quelle esperienze che mi fa sempre ridere, a ripensarci. Innanzitutto perché solo ultimamente sono diventato un maestro zen delle relazioni, ovvero non accuso più colpi e contraccolpi, vedo le cose come vanno e le sistemo a modo mio, e poi come finisce finisce; prima al contrario ero un nevrotico della madonna, sempre in crisi isterica pre-appuntamento, attanagliato dai dubbi esistenziali e dalle pippe mentali. E questo è, effettivamente, un fenomeno piuttosto ilare guardato dall'esterno. Mi piace pensare a quando ero davvero preoccupato dell'amore, e per essere preoccupato dell'amore a 14 anni vuol dire che il mondo ancora non lo conosci. Com'è normale che sia, secondo me. Comunque fatto sta che ero un vero stratega degli appuntamenti, e mi rodevo l'anima per le persone a cui "tenevo". Organizzavo il luogo, l'orario, il mezzo di trasporto, il numero di passi fra il ristorante e la piazza, l'orario preciso del tramonto e il rapporto numero di stelle visibili su percentuale di umidità sulla bocca. Tutto per rendere la cosa meravigliosa. E poi cercavo di governare il sentimento, cercavo di contenere lo straripante fiume di emozioni che volevo riversare in un bacio.
Poi mi sono accorto di una cosa, semplice ma terribilmente illuminante: tiro avanti. Cioè, non c'è nulla di così drastico al mondo che mi possa bloccare, fermare, arginare, figurarsi una ragazza. No dai, non è un discorso serio, non regge. Una ragazza.
Così ho cominciato a fare come mi pare, a prendere le cose con più serenità, forse a sembrare addirittura uno stronzo agli occhi delle donne. Non che mi piaccia, però devo dire che a quanto pare funziona. Non so, sincero come sono ora, sento dirmi che ho un bel carattere. Allora mi compiaccio. E' una soddisfazione, e anche un bel tranquillante emotivo, diavolo, senza pippe mentali funziona tutto più liscio? Incredibile. Quindi sì, faccio come mi pare.
A questo punto potrei sembrare un cinico: no, non è così. Io mi innamoro davvero ogni volta di ogni ragazza, non cerco una sveltina, no, non sono il tipo. Provo sempre qualcosa, solo che ormai mi viene e mi passa abbastanza in fretta.
Forse è preoccupante.
Però è edonisticamente divertente.

venerdì 3 settembre 2010

Perché mi ricordo

E' tanto che non scrivo, e devo dire che mi mancava. Perché in fin dei conti questo blog l'ho aperto per questo, perché mi piace scrivere, comunicare, condividere, insomma dire qualcosa. Sono successe tante cose, e trovo che metterle su un pezzo di carta o, in questo caso, su una pagina del web, sia una cosa che mi dà soddisfazione; poi in realtà non sarà nulla, ma nel premere i tasti risiede quella piccola gioia che dopo una sigaretta ti fa sentire meglio, delineato, ti fa capire tanto.
Mi ricordo quando ho iniziato a scrivere, ero tanto diverso, un'altra persona, ma in fondo io sono sempre io e mi piace comunque postare qua. Mi ricordo passati amori, miei e non miei, storie raccontate dal mio punto di vista che poi col tempo si sono chiarite e a ripensarci adesso mi spunta il sorriso su questo viso barbuto, quel piacere dovuto allo scorrere del tempo, la marachella del bambino che fa tanto ridere i grandi. E così ci rido sopra. Rido sulle ragazze amate, rido sui discorsi pseudofilosofici adolescenziali e rido ancor di più a pensare che a diciannove anni non mi ricordo se adolescenziali si scrive con o senza i.
Mi ricordo di quella che ho amato alle medie, e poi rido perché pensavo davvero fosse amore.
Mi ricordo anche tutto quello che ho fatto. Cazzo, realizzo adesso che io ho fatto davvero tanti sport. Ne ho provati almeno 5-6, e ricordo anche che non me ne è mai piaciuto nessuno perché io odiavo i mister, magari il gioco in se mi divertiva e mi diverte ancora, ma capisco che io non riesco a dire "sissignore" senza farmi girare le palle, ed è per questo che forse ora faccio palestra solo la mattina quando non c'è l'allenatore ed è per lo stesso motivo che non farei mai il militare, oltre al piccolo dettaglio che non mi piace uccidere la gente.
Mi ricordo di quanto tempo ho passato a perfezionare i miei intercalari, e sorrido quando penso alle parole "piccolo dettaglio", forse perché ho preso il tono da mio padre, non so, forse è così forse no, però mi piace dirlo e mi piace farlo divertendo.
Mi piace divertirmi ma anche far divertire, diavolo, che mondo sarebbe (senza nutella) se nessuno facesse spuntare un pò di sorrisi sulle facce degli altri (questa me la ricordo, facce è senza i) e mi ricordo di quanto tempo ho aspettato prima di avere un tono di voce che non fosse troppo da ragazzino e che mi permettesse di non sembrare un idiota quando parlavo con sarcasmo e ironia.
Mi ricordo di quando ero più piccolo, e sinceramente non credo che i migliori anni della mia vita siano stati quelli del liceo, perché non lo so, forse perché ero davvero piccolo e sono cresciuto in ritardo, forse perché la penso diversamente sulla vita e non credo che scopare a 15 anni sia un grande obiettivo o qualcosa di profondamente divertente, forse perché ho altre ambizioni. Ad esempio a me piace l'indipendenza, quindi reputo la maturità una stronzata e l'esame della patente un grande successo. Mi piace aver finito il liceo, ma solo perché dicono che l'università sia più libera, anche se si studia, ma non sono ipocrita, a me piace studiare, soprattutto le materie scientifiche allora me lo dico, cazzo, è una nuova era e mi piace così.
Mi piace come evolvono le relazioni col crescere degli anni, più impegno ma più soddisfazioni, più profondità.
Mi ricordo che ho conosciuto tante persone superficiali, e ora mi rendo conto di quanto io odi la superficialità, cristo, che rovina del mondo, e come sempre mi dico "sono quelli che votano berlusconi", ed è probabile, dato che sono tanti, tantissimi.
Mi ricordo di quando ho incontrato le persone che ora di più stimo, da tanto o da poco, non reputo un amico grande rispetto al tempo che lo conosco no, solo in base a che persona è, e così ringrazio di aver conosciuto quei pochi veri amici che ho.
Ringrazio anche le donne che ho conosciuto perché, per un verso o per l'altro, positivamente o negativamente, sono quello che sono anche grazie a loro e alla fine mi piace.
Ricordo tanto e sogno ancora di più, perché adoro il futuro e adoro scrivere perché con l'accento diverso da "è"; adoro tante cose e ne odio altrettante, e credo che l'importante sia andare avanti perché anche se c'è poco che ci piace, vale la pena. E quindi se mi piace scrivere, mi piace anche leggere e quindi scrivo affinché qualcuno legga e magari ci pensi un pò. O legga e basta, chissenefrega. E' tempo vissuto.
E mi piace.

domenica 23 maggio 2010

Ungaretti

Il grosso problema
Qui
E' che sono solo.
E la vita mi ha
disilluso.
Di già.

domenica 28 febbraio 2010

Non capisco

Questa sera non capisco.
Non c'è nessuna metafora, nessun doppio senso.
Semplicemente non capisco.
Probabilmente sono io che non ci arrivo, sarà che non sono abituato. A dover scegliere, a dover fare quello che pure ho tanto sognato.
Il fatto è che quando le cose arrivano non sono mai come ce le si aspetta; non dico brutte, semplicemente diverse. E ti ci devi raccapezzare in un modo o nell'altro.
Io però non ci sono ancora riuscito, e sono qui, sballottolato dal chiarore di luna, a cercare un significato dietro il filo logico che logico non è della mia vita.
Solo che non ne trovo nessuno.
E allora vivo e vado avanti, che magari un senso lo trovo alla prossima fermata.

mercoledì 10 febbraio 2010

fIorellino

L'aria fredda del mattino inondava l'aula 12 della facoltà di lettere e filosofia. Il professore tardava ad arrivare, le scritte sulla lavagna campeggiavano caotiche e fitte, come se il gesso da un momento all'altro fosse pronto a esplodere per dare un po' d'ordine e di pulizia.
In fondo alla sala, nella penombra, sedeva un uomo dall'aria attonita ma seriosa, al punto che lo studente in prima fila era quasi impaurito da quella ermetica figura, simile a un falco che mira la sua preda.
All'inizio non lo aveva notato, ma girandosi intorno ogni tanto, fra un ripasso e uno snack, il ragazzo si era stupito della sua immobilità, della sua fermezza. Col passare dei minuti gli altri scolari avevano iniziato a sedersi frai banchi, ma guardavano con altrettanto sospetto gli ultimi posti, e quell'uomo rimaneva indifferente, come una statua di marmo; e i suoi tratti non venivano nemmeno scalfiti dalla pioggia degli sguardi malevoli e diffidenti che i ragazzi gli lanciavano.
Lo studente in primo banco era a mano a mano sempre più curioso, eroso dal dubbio e dalle ipotesi, mentre nella sua mente prendevano vita le trame dei più incredibili episodi di C.S.I.
Il ticchettio delle lancette lo angosciava ogni secondo di più e così, cedendo alla sua brama di sapere, sconvolto dall'indifferenza di quell'essere, chiuse il quaderno di letteratura, scordò Boiardo, Ariosto e Tasso e con passo deciso e sostenuto si diresse verso di lui.
A poco a poco tutti cominciarono a confabulare e i loro occhi, pervasi da un misto di curiosità e orrore, lo fissarono turbandolo non poco; ma nulla poteva allibirlo più di quello che vide lì in fondo: lo sguardo vitreo del suo professore, con un piccolo foro nella tempia da cui grondava sangue, una pistola sul tavolo e un foglio con su scritto: "La lezione è finita."

martedì 9 febbraio 2010

Direzioni.

E' interessante scoprire in un giorno di febbraio che la metro A, in alcuni tratti del suo percorso, esce allo scoperto, fuori dalle viscere della terra. Passa sopra un ponte, sopra il Tevere, e i raggi del tramonto illuminano il vagone, abituato al freddo e triste colore delle lampade al neon.
Eccoci qui, al di sopra di quei cunicoli che sono i meandri di Roma, i tunnel sotterranei della notte artificiale; ma qualcosa nell'aria è differente.
Nessuno intorno a me è stordito, sconvolto, sembrano tutti sapere bene dove si trovano e continuano imperterriti nelle loro azioni: leggono il giornale, ascoltano musica, sbirciano in giro.
Eppure io sento che c'è qualcosa di diverso: rimango allibito e contemporaneamente incantato dalle rive del fiume, dalle rotaie che si affiancano alla carreggiata, come in un sogno.
Al flebile ma costante rumore del moto si aggiunge poi la rincuorante, meccanica ma affezionata, voce dell'annuncio, e colgo di essere giunto alla fermata di Lepanto.
Oh sì, Lepanto, direzione Battistini, il nord di Roma.
Il nord di Roma.
Ecco cosa cazzo c'era di diverso, io dovevo andare ad Anagnina.
Scendo di corsa e vado a cambiare binario, mentre maledico quella infima e intricata città.
E so che di sicuro perderò la coincidenza.


mercoledì 20 gennaio 2010

Schopenhauer

Studio filosofia.
E ammetto che ogni tanto ci rimani un pò di sasso, quando scopri che un filosofo ne sa a pacchi, e ti ripete qualcosa che avevi impiegato mesi e mesi a condensare in un post.
Come Schopenhauer per l'appunto, che scrive:
"Se la passione del Petrarca fosse stata appagata, il suo canto sarebbe ammutolito..."
E' una perla di saggezza che mi fa pensare; forse non era poi così folle, questo tedesco; in queste piccole domande che ti arrovellano il cervello e ti spingono a leggere ancora, trovo gli unici motivi che mi fanno gustare la filosofia.
Forse gli unici necessari, ecco, mi suscita interesse e tanto basta per farmelo piacere; mentre lui, il nostro Schop, ha scritto brani su brani, ha cercato la verità e ha creduto (o forse lo ha fatto sul serio?) di averla trovata, e non riusciva ad uscire fuori dal pessimismo che lo attanagliava.
Oggi sono qui a studiarlo, a rileggere i suoi preziosi esempi, e mi domando: chissà se era felice.
(In realtà credo non lo fosse, per sicurezza se tornassi nel passato gli troverei un hobby o una ragazza, che so, magari gli farei aprire un blog così sembra meno strambo, un look riassestato e via.)

Buonanotte Schop, principe del Maine, futuro re della nuova Inghilterra.

martedì 19 gennaio 2010

Buonasera.

Buonasera.
Sì, ancora qui questa sera, a rimuginare come prima e, nel frattempo, mentre le rotelline nel mio cranio ruotano si incastrano e pensano, il tempo è passato, volato; sono volato anche io, no, non ho volato, sono semplicemente cambiato, ma chi non muta al giorno d'oggi. E' impossibile resistere al fiume tumultuoso della vita, allo scorrere incessante dei giorni, ed è vietato a noi comuni mortali ergersi come scogli, restare immobili di fronte all'immensità, no, panta rei, e ancora e ancora, tutto prosegue.
Anche io ho un seguito, ma ciò che più preoccupa è il precedente. Sono cambiato. Ho ucciso. Sì.
Mi sento diverso, incupito da un pacchetto di Camel che risplende lucido e immacolato sulla scrivania, timoroso ma non timorato, debole e pensoso come solo io so essere.
Non ho mai avuto armi, né pistole né spade, nulla. Eppure sono colpevole, sono io che ho commesso questo orrendo crimine, e mai mi perdonerò per questo.
Leggo le mie parole mentre le scrivo, ridicole. E' l'unica cosa che riesco a pensare, ed è perché so chi è l'autore. Un falso, un essere vuoto, così come sono vane le parole che imbrattano d'inchiostro un foglio lindo. L'unica cosa a cui posso pensare sono le sigarette, loro, le mie nemiche, la mia battaglia persa, la mia guerra contro i mulini a vento. C'è vento, non riesco ad accendere, chiudo la finestra, fa caldo. Sì, tengo le finestre aperte d'inverno, perché mi piace il brivido del tepore del gas che va e viene, e fanculo all'ambiente.
Fumo, respiro, lascio fare alla nicotina in modo che non ci sia più traccia degli alveoli, nulla. Sento il nulla, lo sento dentro, e non fa bene, per niente, ma io non ho nulla dentro, ricordi? Sono vuoto. E' inutile cercare un senso nel danno fisico, hai già perso la sfida con il tuo Io. Ti sei perso l'accendino, la seconda sigaretta è rimandata, ma solo per questa volta.
Mentre fumo, penso ancora. E penso a come si sia consumato quest'omicidio: è orribile, ma non macabro, non ha nulla di truculento. L'atrocità sta nel suo lento protrarsi nel tempo, come a sottolineare la fugacità della vita.
Sangue? Nessuna traccia. No, non cercare tracce evidenti, prove schiaccianti, l'unico indizio è dentro di te, è nel tuo cervello, nella tua mente. Ma tu sei vuoto, ricordi? Tu non sei niente, e allora cosa vuoi ricordare.
Cerco di immaginare il rosso per terra, le gocce che rimbombano nell'eterno silenzio, ma non sento nulla di tutto ciò.
L'arma del delitto? Nessuna. Non cercare scusanti, non andare alla ricerca di prove efficaci, l'unico indizio che hai è l'unico di cui hai bisogno, ed è dritto nel tuo cervello, è conficcato lì e non lo rimuoverai mai, è l'indelebile ricordo delle tue azioni logoranti e corrotte che ti uccidono, che ti hanno già ucciso.
Cerco di districarmi nel caos delle mie allucinazioni, ma non ci riesco, io e tu, tutto si confonde, te e io, Io, chi sono io?
L'assassino? Sì, io sono colui che ha ucciso. Che si è ucciso, che mi ha ucciso. Sono l'assassino di me stesso, colui che ha rovinato tutto, che si è rovinato. Non mi nascondo più dietro il fumo nella stanza, non mi rifugio in un pacchetto di Camel, non ci penso più. Io sono morto.

Mi domando se scrivendo tutto questo, possa io finalmente porre la parola fine alla straziante storia che ho vissuto: ma c'è un seguito, perché quando sei vuoto, prima o poi qualcosa entrerà.
C'è sempre un seguito.