Welcome!

Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

venerdì 20 novembre 2009

Io, gli altri e la mia scacchiera

Non ho mai avuto un rapporto facile con gli altri, sarà perché mi sono sempre sentito diverso e, spesso, inadeguato a tutto ciò che mi veniva incontro, come un inerte sui binari del treno. Sia chiaro: non è che io mi sia sentito inferiore o più sfigato di qualcun'altro, semplicemente diverso, persino un tantino superiore, secondo il classico rapporto angosciante fra autostima e sottostima che mi accompagna da sempre.
Fatto sta che col passare degli anni mi accorgo di come io abbia passato una quantità consistente del mio tempo a ricercare il consenso, a adattare i miei comportamenti in modo che fosse possibile integrarmi nella società senza diventare un esiliato eremitico; quando ci ripenso provo quasi vergogna, perché non sopporto la falsità, figuriamoci l'ipocrisia, per di più la mia stessa ipocrisia, davvero un masochismo intellettuale. Il lato divertente della storia tuttavia non è questo, ma il fatto che ogni azione di avvicinamento spirituale non ha mai portato a nessun risultato, anni di sforzi vani e inutili che potevo comodamente risparmiarmi. Allo stesso modo sarei un bugiardo se mi mettessi a sostenere che l'unica via è sempre e solo essere se stessi, dicendo "tutta la verità" e comportandosi solo secondo il proprio costume: no, so bene che spesso è necessario
portare una maschera, ce ne sono tanti di motivi, per non fare del male a qualcuno a cui teniamo, per non soffrire noi stessi, per evitare rogne. L'importante è ricordarsi sempre di portarla questa maschera, e saperla togliere al momento in cui si rivela necessario.
Con gli anni ho raffinato questo modello, e per quanto io possa sembrare sempre più cinico e infimo, in realtà non è altro che un comportamento dal duplice significato: proteggere se stessi e evitare problemi agli altri; sì anche questo perché quando sei reale levi tanti dubbi e tante domande, anche se non te ne frega molto di levarli.
Devo dire che anche a seguito di tutto ciò non ho ancora risolto i miei problemi con gli altri: ancora mi maschero troppo spesso, non mando a fare in culo chi se lo merita, scrivo ancora post lunghi al posto di dormire per una giornata migliore, insomma mi trovo ancora in una fase squilibrata. Tuttavia mi sento, se non felice, in pace quando vedo le persone che ancora sono attaccate al giudizio degli altri, vivono in funzione di esso, qualsiasi cosa fanno la subordinano all'apparenza, al piacere e all'accettazione; non sono, sembrano. Così a me sembrano solo delle piccole pedine di un gioco più grande di loro, come in una immensa scacchiera; non che io non lo sia ma, io, la mia mossa la faccio da solo.

lunedì 16 novembre 2009

Riflessioni sulla scrittura, l'amore e tutto quanto #1

Effettivamente credo che ci siano ben pochi motivi per cui uno scriva, nelle loro infinite sfumature questo sì, ma le basi sono sempre quelle: una persona può scrivere perché è incazzata, detto molto semplicemente, ovvero prova disappunto per ciò che si trova davanti e con ira o fantasia vi si avventa contro, ce ne sono di modi di scrivere che fanno al caso loro, e inveiscono, si ribellano, insomma manifestano. Oppure hanno delle domande, che spesso sono causate dai problemi, che sono a loro volta fonti di infelicità, un tormento interiore che di smetterla non vuole saperne, e fruga nell'animo rimestando dolori e follia. Non escludo che i due fenomeni possano esseri complementari, ma uno dei due mi sembra proprio essere necessario, a meno che non si parli di redattori di rubriche di gossip o recensori, censori e ipocriti in cerca di successo, che "scrivono" quanto un cane miagola.
Ecco io rientro ampiamente nella seconda categoria, considerando che per molti blogger la logica di base è proprio questa, comunicare emozioni personali evitando di annoiare i lettori alla seconda sillaba.
Mi domando ora, perché la fonte di ispirazione più grande sia proprio l'infelicità che ci attanaglia, la tristezza profonda che l'uomo comprende solo quando prova; a sostegno di tutto ciò potrei elencarvi l'infinita lista di poeti, scrittori, filosofi, sceneggiatori e commediografi con gravi problemi di interazione sociale e drammi psicologici notevoli, ma chiunque ne conosce almeno uno, quindi evito.
A questo punto mi sorge spontaneo domandarmi perché la gente soffra per amore più di quanto possa soffrire per altri motivi. La passione, irrazionale, infelicità incomprensibile, è la sua causa, ma è davvero complicato dare una giustificazione all'amore: è veramente senza senso, così nonsense che mi stupisce il fatto che non sia la base della corrente nonsense inglese.
E così come chi trova l'amore, forse si rattrista un pò, perché smette di provare l'istinto per scrivere che prima aveva, la fantasia del pensiero, della riflessione, l'equilibrio fra irrazionale passione e logica ragione, allora chi non lo trova non può far altro che scrivere, perché si ha sempre qualcosa da dire, qualcosa di sincero e umano che in fin dei conti, è pensare, è vivere.
E stanotte scrivo, mi dilungo in questo post, a cui come avrete genialmente intuito dal titolo, ne seguiranno altri, perché provo un grande senso di "vaffanculo" nei confronti del mondo.
Ma c'è di peggio e da inguaribile ottimista, nemmeno questo mi butta giù.
Così, come fanno tanti di voi, come fanno innumerevoli scrittori prima di andare a letto, in metro, in un salone di un albergo, per liberarsi, per capire se stessi, per empatia, per dissenso, perché esistono e ne sono consapevoli,
Scrivo.

mercoledì 11 novembre 2009

Diciotto, o meglio I




Ok ho 18 anni e, finalmente potrò fare tutte quelle cose riservate agli adulti, come ordinare alcolici, guardare film porno, andare in prigione e evadere le tasse.
Sinceramente sono solo diciotto anni, un numero in più, non voglio fare assolutamente lo scettico, non è nel mio carattere, mi piacciono la festa, gli auguri, le torte, specialmente le torte, però in fin dei conti la gioia è quella del compleanno ed è più facile rimanere delusi da troppe aspettative per una data, meglio viversela come un giorno normale. Almeno chi non si aspetta mai nulla, avrà sempre qualcosa in più di quello che si aspettava.
Pertanto eccomi qui, a spegnere la mia candelina virtuale, mentre penso semplicemente che sono felice. Questo voglio, questo avrò, col poco che mi basta.

martedì 10 novembre 2009

La notte è sconsigliata



Lo so a quest'ora dovrei essere a letto, riposare, aver già studiato la lezione per domani, aver fatto i compiti, aver scritto il post del giorno. Ma, purtroppo per la mia autocoscienza sono indietro col programma: vediamo di risolvere almeno l'ultimo di questi problemi. In realtà non ho scritto perché dovevo studiare, non ho studiato perché dovevo andare dal dottore, perché sono un fottuto mortale e ho ancora la capacità di ammalarmi. Forze maggiori, e poi la salute viene prima di tutto, anche se il mio dottore ha rotto il cazzo, perché mi fa "sono 100 senza fattura 150 con", brutto infame, se l'iva è del venti percento quei 30 euro cosa sono, la tassa sulle stronzate che dici? No perchè anche io ne avrei da dirne, ma di solito mi sfottono, non mi sganciano 150 euro. Ma sono un cerotto e ci sto, anche se mi prometto di insistere la prossima volta, e magari passo dopo passo qualcosa la raggiungo; in fin dei conti è pur sempre un dottore, diavolo il mio dottore, e per un sano istinto di sopravvivenza preferisco non farlo adirare, anzi, se sta leggendo dottore sappia che speravo proprio che non lo facesse perché è tardi ho problemi alle connessioni cerebrali le sinapsi si sono giocate i ponti chimici, insomma non sono proprio lucido. Vorrei concludere con una piccola osservazione: oggi non ho studiato, mentre mi sono dedicato a tecniche cinematografiche e riordino di librerie musicali: sono piuttosto contento di ciò ecco, questo secondo me è l'indice che le scuole funzionano così male da farti dimenticare ogni gioia dello studio.
Un fanculo a chi se lo merita e un abbraccio a chi lo vuole; così voglio a dare a riposare.
Notte blogosfera.

venerdì 6 novembre 2009

Parlare del tempo

A volte un'altra cosa che può stupirti quando ti alieni dal mondo e lo osservi con gli occhi di un estraneo è come le persone si assomiglino così tanto quando non si conoscono, come l'istinto umano sia incredibilmente analogo a quello degli altri. A dire il vero lo trovo rassicurante.
Nulla tuttavia è più comune dell'approccio standard che ravviva o fa nascere una discussione fra parenti lontani, amici dimenticati, vicini di posto, ovvero il Tempo: la meteorologia sembra essere la scienza più amata dagli attaccabottone, non c'è nulla che viene tirato fuori più spesso del meteo del giorno, negativo o positivo ("che bella giornata!", "oggi piove di brutto eh.."), e porta sempre a dialoghi che possono essere imbarazzanti ("eh.. sì.. davvero.."), ma anche vagamente coinvolti ("sì, e pensare che davano bel tempo per oggi!"), anche se dipende più dal carattere che dall'effettivo interesse, più un buonismo nei confronti di qualcuno che vorresti evitare di mandare affanculo, dato che il fato ha un modo diversamente ilare di sistemarci la vita, tipo potrebbe essere un avvocato in carriera che ti denuncia e, effettivamente, sarebbe inopportuno ficcarsi nei guai così a prima vista.

Ad ogni modo, sono discussioni che alla fine servono o per passare il tempo con qualcuno, o per introdurre un discorso più profondo con un'altra persona: sono inutili, ma fondamentali, e toglierle porterebbe a più danni che vantaggi, si finirebbe con il rendersi odiosi a pelle, essere scambiati per maniaci o per investigatori privati, insomma, un disastro.

Quindi non mi sconvolgo più di tanto quando le persone parlano per minuti e minuti del tempo, anche se sono entrambe imbarazzate e non danno peso a ciò che dicono, perché l'uomo alla fine si è evoluto così e ha trovato in tutto questo una, per quanto stupida, scappatoia, al suo pauroso egocentrismo e isolamento, salvaguardando un bisogno di comunicazione che, se non innato, è necessario.
Sono divertenti i dialoghi, poi, se pensi che chi ti stia parlando non sia solo un coglione, ma una persona, umana, come te, e prova più o meno quello che provi tu, il tuo disorientamento, anche se in un contesto diverso, ed è vicina a te perché, per quanto differente, cita anche lei il meteo del tg5.
Siamo tutti simili, in fin dei conti.
E parliamo del tempo.

giovedì 5 novembre 2009

Anche tu

Non credere di sfuggire. Non credere di eludere le parole, non credere di esserne immune, non si sfugge. Colpiscono, tagliano, feriscono, possono farlo con chiunque, diretto, implicito, ironico, sarcastico. Ammettilo. Non pensare di essere diverso, forte, migliore, perché quelle non guardano il tuo nome, guardano solo chi sei davvero. Non si fermano al volto, al cognome sul curriculum, no, sono profonde, sincere, taglienti come rasoi, e quando scivolano sulla tua pelle non puoi evitarle, perché non sono cattive, sono solo vere. Come lo so io, lo sai anche tu, come feriscono me, feriscono anche te. Mi fanno male, ti fanno male. E' un'arma a doppio taglio, ma inevitabile, ed è inevitabile il dolore che porta.
Inutile sentirsi peggio, anche se non mi interessa: perché non sei mai solo, anche quando non c'è nessuno a dirtelo. Anche tu.

mercoledì 4 novembre 2009

Oddio, sono uno stereotipio.

Non è semplice essere quello che solitamente si indica con "anticonformista", ovvero quell'individuo che non si adegua alle regole e tenta di ritagliarsi il suo angolo di mondo in uno spazio dove si è oppressi da stereotipi, banalità, stronzate in generale.
La cosa peggiore è che qualsiasi cosa facciamo sembra come essere un gesto alternativo quando, in realtà, è più normale di quel che si crede; anche le stesse parole, le nostre espressioni, quante volte sono modellate, pur inconsciamente, sui versi, le frasi, i concetti di altri? Neanche a volerlo, è difficile essere se stessi.
Allora, se hai il dubbio, magari cominci a pensare, a riflettere su chi sei, su quello che dici, su quello che pensi, e cerchi di tenere distanti dalla tua testa le idee dei "grandi", ma non ci riesci ed è allora che ti senti un pò sconfortato, deluso da te stesso, oppresso dal tuo ego più di quanto non credevi.
Vedi poi quello che hai fatto, che hai voluto, in cosa hai sempre creduto, anche qui vedi quel collegamento, quel riferimento, e cominci ad arrovellartici sopra, stile fumetto-ingranaggio di Archimede Pitagorico, saltando da quel nesso all'altro.

Ecco, a me sta sul cazzo quando la gente, arrivata a questo punto, si rattrista.
Perché, santo dio, l'animo umano è uno, non è così differente in fin dei conti, e tanti pensieri più che essere espressi da quella o quell'altra persona, sono solo idee chiare e nette che tutti possono condividere senza dover pensare a pregiudizi o critiche: non c'è bisogno di andare lì a colpire, bianco o nero, "sei di sinistra? Ah, comunista", "Hai visto twilight? Ahah, coglione!", "Credi in Dio? Bah sei un cattolico del cazzo". Davvero, basta, è noioso, non potete schematizzare le persone, rinchiuderle in categorie prestabilite, ci hanno provato filosofi per migliaia di anni e cosa gli è uscito fuori? Quintali di stronzate senza senso. L'uomo è vario, e nella sua varietà rientrano anche idee che, santi numi, su miliardi e miliardi di persone, anche qualcun'altro può aver già pensato: è normale.
Vivete in pace con voi stessi prima di fare la guerra con i fantasmi del passato.

Però non chiedetemi di dire che Twilight è bello, per favore.

martedì 3 novembre 2009

Il gatto che mette il pomodoro dove non deve

Ci sono dei dietro le quinte nella monotonia di ogni giorno che a volte, quando li prendo in considerazione da soli, isolati dal contesto, riescono a stupirmi. E la cosa che mi sconvolge di più è sicuramente l'uso delle parole, la combinazione delle frasi l'uso accurato delle allitterazioni e della fonetica per produrre espressioni geniali, assurde.
Solitamente tuttavia, le frasi sono giudicate per il loro significato più che per il loro suono, com'è giusto che sia: classici sono gli esempi, che saranno capitati più o meno a tutti, dei giochi che consistono nel ripetere a lungo una parola fino a non vederne più il senso, o gli accostamenti di parole che portano a uno sconvolgimento di significato ripetendoli fino alla nausea.

Ogni tanto però è bello anche vedere le parole per quello che sono, accostamenti di segni e fonemi, un gioco di vocali e consonanti, di immagini evocate che possono essere accostate nella mente nei modi più improbabili e magari divertire, rallegrare.
Pensate a questa frase: "Il gatto che mette il pomodoro dove non deve", non so, ha un senso sì, ma è ovviamente una frase impossibile, inutile. Ma porta quasi un sorriso, il cervello esce dagli schemi, almeno il mio.
Sì ho una fantasia elastica, ma mi è sempre piaciuto così, un pò bambino senza limiti di età.

Ecco, io mi immagino un gatto umanizzato, sapete, in piedi e con le manine, che cammina con le zampette stile gabbianella e il gatto (il film chiaramente, o la copertina del libro se avete presente), e prende in mano questo pomodoro tutto stilizzato, ma che ovviamente si distingue chiaramente: a questo punto, la scena clue è quella del pomodoro che entra in una specie di cassetto di una scrivania assente, secondo un'animazione variabile, tipo un lancio da giocatore di baseball o un movimento furtivo alla dungeons&dragons, e il gatto che sospettosamente si guarda in giro, per poi fuggire.
Ovviamente si susseguono visi sempre diversi, a volte con contorni netti a volte con occhi da fumetto, ma è il bello del pensiero.

In fin dei conti quell'attimo in cui ho realizzato tutto ciò mi sono sentito meglio.
Senza motivo più o meno, un pò per il sorriso strappato, un pò per il cervello impegnato, un pò per i ricordi smossi, ma mi sono sentito meglio.
Basta poco a volte, già.

lunedì 2 novembre 2009

Virtus in medio stat

Sinceramente io ci credo, in Dio. Ma non è per questioni religiose, no, nemmeno perché sono un ciellino del cazzo o un testimone di geova, sia mai, è solo per un motivo umano. Umanissimo.
E' lo stesso motivo per cui non mi piace il nichilismo, per cui non approvo il materialismo, per cui mi fa incazzare chi crede che nulla sia importante nella vita, per cui mi fanno arrabbiare quelli che guardano uomini e donne, quelli che prendono la vita con così tanta leggerezza quasi da non vivere.
Il fatto è che io, per quanto in fin dei conti non ci creda in un'entità superiore, ho quasi paura che la gente, pensato questo, possa fare il passo successivo e dire: "allora tanto vale fare quello che ci pare". No. Io sono un eterno romantico, inteso nel senso più letterario del termine, io credo nella solidarietà dell'uomo, credo nel cinismo usato come arma contro il buonismo ma non come prologo all'eterno nichilismo, credo nella illusioni come speranza ma non come meta di vita.
Temo a volte che la gente, dopo i troppi valori che ci sono stati rifilati negli anni, possa giungere a un fenomeno diametralmente opposto, a rifiutare ogni tipo di valore, e questo mi demoralizzerebbe davvero tanto, troppo. Certo, se l'ho pensato io lo possono pensare tutti e giungerci tutti da soli, direte, ma dare ogni cosa per scontata non mi piace, no per niente.
Virtus in medio stat.

domenica 1 novembre 2009

Realista

Mi piace pensare che tutto abbia un senso, credere di essere un'idealista, rifugiarsi nelle proprie idee, illudersi di felicità, tutte cose abbastanza tipiche nella società e nella storia, tuttavia c'è un problema: sono anche un fottuto realista.
E' difficile provare a conciliare due concetti, specie quando per definizione sono opposti e pertanto inconciliabili, quindi nemmeno ci provo.
Oggi mi sento realista, e mi stanno sul cazzo le fantasie, e i sogni. Li odio, oggi sono in vena di insultare pesantemente ogni frutto vano della nostra labile mente.
Sì, labile perchè provo riluttanza per tutto ciò che è falso, astratto, un arteficio umano futile e odioso, prodotto da noi, incapaci di accettare quello che è, lontani dal vedere con lucidità la nostra vita, portati a desiderare con estrema impazienza lo stereotipo che ci viene rifilato, siamo ligi alle regole quando le regole sono sbagliate, liberi da limiti quando i limiti sono necessari.
Non è giornata per propormi una scommessa, perché giocherei comunque, giocherei come ne ho voglia, ovvero a qualsiasi prezzo.