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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

martedì 6 dicembre 2011

Panta Rei, Zen!

L'ultima volta scrissi che la vita cambia, ma è lenta a farlo. Beh, quel periodo di stasi è finito, concluso, e si chiudono alle mie spalle tante porte della monotonia, della tranquillità esistenziale che fino a poco tempo fa avrei creduto inviolabili, o quantomeno inviolabili fino ad oggi.

La cosa più strana dei cambiamenti è che sono ostici per natura, e io lo so bene. Sin da piccolo odiavo tutti i piatti che mi venivano proposti a tavola se non erano le mie pietre sacre dell'appetito, come i bastoncini findus o le meravigliose uova al tegamino; oltremodo poi detestavo i "miscugli culinari", sughi troppo complessi, e così via.
Per quanto poi io abbia cominciato a mangiare come un normale essere umano, comunque quell'atteggiamento me lo sono sentito spesso dentro e, per quanto uno ci lotti contro, comunque causa paura, spavento.
L'unica arma contro l'ostilità al Panta Rei che io abbia mai conosciuto è, ironicamente, la filosofia Zen, tanto semplice quanto efficace. La strategia di sfruttare la forza che ti viene incontro come una debolezza dell'avversario, indirizzarla per fare ciò che tu vuoi; è qualcosa di incredibilmente concreto per quanto possano sembrare solo parole: ti permette di risolvere situazioni ingarbugliate e di accettare la vita con un ottimismo invidiabile, il più delle volte.

Ora invece mi ritrovo trascinato da un torrente in piena. Probabilmente dovrei pensare che mi porterà verso una ridente vallata, ma ho sempre la sensazione che alla fine del viaggio ci sia una fottuta cascata. Stavolta dovrò crederci davvero, nello Zen.

lunedì 31 ottobre 2011

Non puoi avere tutto dalla vita

La vita è come fotografare, non puoi fare una bella foto e allo stesso tempo viverti il momento.
Non credeteci.
La vita è un pò stronza sotto questo punto di vista, è un'eterno dilemma di Schroedinger, se hai una cosa non hai mai l'altra.
Il problema è che il gatto magari a volte è vivo a volte no, è maledettamente variabile; la vita è un pò più monotona in ciò che ti concede, o quantomeno, è lenta a cambiare stato.

venerdì 21 ottobre 2011

Mi fa un pò paura l'odio per la violenza.

Allora, vorrei specificare che non sono uno di quelli che crede nella guerra come metodo di risoluzione dei conflitti internazionali o cazzate varie, come esportare la democrazia col Napalm e il C4, però in fin dei conti sono un pragmatico.
L'argomento della settimana, dopo i fatti del 15 ottobre, è la violenza come elemento da combattere perché inutile e dannoso per la società. E' dunque logico connettere questa affermazione alle vetrine rotte, ai sampietrini lanciati contro le camionette della polizia, alle macchine in fiamme del primo precario sfigato che abita a San Giovanni, e fin qui sono tutte cose dette e stradette che non voglio ritirare fuori perché sostanzialmente sono d'accordo.
Però, c'è un però.
Portiamo la discussione a un livello più profondo.
Al livello della realtà.
Macchine in fiamme, cassonetti in fiamme, vetrine spaccate. A chi è che importa di tutto ciò? Di chi sono i vantaggi? E' possibile che siano solo gli sfoghi di quattro ultrà, esaltati di diversa estrazione sociale che vogliono semplicemente spaccare tutto?
A me, come persona dotata di raziocinio, dà fastidio pensare che il discorso di una giornata tanto complessa e articolata si riduca a un semplice "odiamo la violenza, difendiamo la manifestazione".
Innanzitutto le dimostrazioni non possono essere pacifiche e tranquille in tutto e per tutto, non ci può essere gente spensierata e felice, altrimenti che diavolo di indignazione ci sarebbe in piazza; ci sono persone incazzate, arrabbiate, unite contro un disagio che le sta seppellendo, fango spalato sulle loro, sulle nostre facce, senza che nessuno riesca a fermare queste impunità.
E' quindi ovvio che in piazza non ci si vada col sorriso in faccia.
Ed è anche ovvio che prima o poi l'espressione adirata si tramuterà in rabbia, lotta (e non misera violenza) contro un sistema che non funziona e che, se non verranno ascoltate le richieste, si trasformerà anche in lotta fisica. In assedi, sit-in, strumenti di lotta contro la politica da sempre. Non lotta fisica però intesa come volontà di distruzione, ma come dimostrazione di forza, di potenza, di numeri.
Ecco, su questo vorrei riflettere, sui numeri.
C'erano tante persone a Roma il 15. I giornali dicono 200.000, ma io le ho viste quelle persone e ho confrontato l'area occupata con quella dei concerti fatti a roma e vi posso dire (sperando che vi fidiate) che quantomeno 800.000 persone c'erano. Un milione forse, insomma, tante. Troppe, per un governo che vince la fiducia per un voto, decisamente troppe.
Dico troppe non perché potessero effettivamente conquistare il parlamento con le spranghe, ma perché un milione di persone che manifesta, unito, compatto, fa paura. Impressiona. Condiziona le persone stesse, che si fanno forza l'un l'altra, manifestano sempre più disagio e si danno sempre più da fare per partecipare e difendere le loro idee. Magari scendono anche in piazza in un milione con le spranghe, tutti insieme, senza sfasciare niente persino. Ma quanta paura farebbero, gente? Quanta, a un governo che è lontano da quel popolo che cammina, marcia nelle vie? Tanta.
E se non ci credete, vuol dire che vi hanno già condizionato, con la loro politica del "pacifismo" inteso come manifestazione inutile e silenziosa.
Vuol dire che credete che non c'è altro modo di cambiare le cose se non con il voto.
Vuol dire che non credete più alla partecipazione alla vita pubblica, perché quella E' vita pubblica, per quanto non vi possa piacere e cercate nella pace la vostra scusa, il vostro scudo contro la necessaria incazzatura che scaturisce dal vostro animo e che vi vorrebbe in piazza con i Kalashnikov.
Vuol dire che vi siete arresi.
E che forse, è il momento di ricominciare a ragionare.

mercoledì 19 ottobre 2011

La Libertà è morta.

La libertà? La libertà è un diritto, ma è anche un dovere. La libertà vorrei ricordare ai perbenisti, ai maldicenti, agli ignavi, ai violenti senza fine, ai mercenari, ai falsi comunisti, ai poco onesti, non è una costante, ma un valore che va difeso e ribadito ogni giorno, ogni secondo della nostra vita. E la libertà non è la possibilità di fare quel che si vuole, ma l'indignazione contro qualsiasi cosa sia contraria ai diritti fondamenti dell'uomo, e la partecipazione alla lotta contro le ingiustizie. Non c'è altra via, non c'è una legge che difende la libertà, solo le persone possono salvarla; e quando penso a Giuseppe Uva, a Stefano Cucchi, ad Aldrovandi, ai morti per questo paese che si rivoltano nella tomba, beh, mi rendo conto che è tardi. La Libertà è morta, e ci vorrà tanto, tanto, tanto impegno e lavoro per farla rinascere in questo mondo.

giovedì 22 settembre 2011

Organizzazione

Ho bisogno di esternare un bisogno di organizzazione. In realtà nella mia vita non credo mai di essere stata una persona veramente libera, non bigotto sia mai, tuttavia incastonato alla mia visione della vita. Sarà per mio padre. Sarà per un concetto di famiglia che non è mai stata l'idea esatta di sicurezza, piuttosto un luogo di allenamento per la vita reale; più che altro, una vita reale con cui devi fare i conti, che tu abbia dieci o vent'anni, che tu voglia o no. Credo che in realtà sia stato questo a farmi sviluppare il mio concetto di morale, ma allo stesso tempo è la causa stessa della mia distopia del mondo. Un'utopia dove le cose funzionano, dove la gente paga le tasse e vive felice. Prima o poi purtroppo ti rendi conto che non è vero, che la gente stessa non funziona, funziona male, si rompe, in fretta, niente è saldo. Le relazioni non sono salde, le amicizie spesso non sono tali mentre le persone a cui non davi tanto filo finisco per tessere con te la migliore delle ragnatele. Come disse un grande, la vita è ciò che ti succede mentre fai dei piani, e non penso ci sia frase più vera. Forse c'è sì ma in questo momento mi sembra molto vera. Verissima. Vererrima.
E' per questo che sento bisogno di organizzazione, perché ho creato un mondo piuttosto che delle regole per vivere nel mondo. Le creerò. Lo farò, ma saranno diverse. Sarò diverso. Perché mi piace guidare sotto la pioggia, leggere i libri alle due di notte e scrivere su un fottuto blog un giovedì sera. Sotto sotto mi piace anche lanciarmi col paracadute, ma per esserne sicuro dovrei prima lanciarmi. Ci sono un sacco di cose che mi piace fare, ma dovrei capire prima se ho bisogno di regole o se ho bisogno di organizzazione. O se semplicemente, è tutta quanta un'altra distopia, una semplice fantasia, e quello di cui ho davvero bisogno è una birra.

venerdì 1 luglio 2011

Saranno le bombe.

Rivoluzione, ribellioni, ovunque sempre e comunque. Bombe, bombardamenti, spari, mitraglie, fucili e cannoni. Bossoli che rimbalzano per terra, sangue. Cuori infranti, cuori spezzati, cuori bucati trapassati dalla rabbia e dai proiettili. Mancano tante cose. Cornici distrutte, foto accartocciate sotto le macerie e nei portafogli, eco in lontananza di libertà e amori perduti. Credi ancora nella passione, nella lotta, nella salvezza? Io no. Perché la speranza è l'ultima a morire, ma prima di lei quanti cadaveri ancora bisognerà contare? Quanti dovranno soffrire? Sempre uguale, trucida, brucia nello stomaco la rabbia, l'ulcera, il dolore, lo sconforto. Non ci sono più, forse non ci sono mai state, le cose che mancano, che servono. Addio è una parola facile, arrivederci è molto più complicata ma è dire ciao che con la sua leggerezza è forse la cosa più difficile. Non credere mai al soffio del vento, alla brezza del mattino, perché non è vera. Non lo sarà mai. Più.

venerdì 8 aprile 2011

Un giorno

Di solito, si pensa al futuro. E' logico, le scelte possono razionalmente influenzare solo il futuro. Non c'è collegamento fra ipotesi e realtà, fra ripensamento e trasformazione di potenza in atto. Tuttavia, ciò non toglie che nel passato si nascondono le fondamenta di ciò che siamo e di ciò che saremo; possiamo vederle, ripensarci, ma le penseremo sempre come banali, scontate, necessarie più che sufficienti al nostro essere, perché siamo ciò che siamo. Ma non è così. Siamo visti e più che giudicati, studiati dal non-io fichtiano, e a volte il non essere coglie dei punti di vista, delle sfumature, delle positività magari, che a noi sfuggono. Nella nostra integrità, siamo frammenti di scelte che ci caratterizzano. E la bellezza di tutto ciò sta nell'eterogeneità e nella giustizia che ogni giorno imprimiamo sul mondo e chissà, che un giorno, qualcuno non apprezzi quello che abbiamo fatto, non per egoismo, ma per una sua scelta ed una nostra giustizia.