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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

mercoledì 14 maggio 2008

le Avventure di Fra Injo

Il buio si era impadronito del cielo anche quella notte, mentre la luna era ridotta ad un piccolo spicchio, emanando solo una fioca luce che permetteva a malapena di distinguere i contorni dell'abbazia.
Il muro di cinta era spaventosamente alto, ma le lunghe guerre l'avevano ferito e ora era pieno di buchi, scalfiture e crepe, ma un recente consiglio di esperti in architettura medioevale applicata ai terremoti italici aveva confermato la sicurezza della costruzione.
Il dormitorio era piombato nel sonno ma una luce, proveniente dalla cella 109, secondo piano, terzo corridoio a sinistra, illuminava la parete orientale dell'edificio, disturbando il sonno di numerosi fratelli, immersi in riflessioni spirituali così profonde e complesse da essere chiamate "sogni".
Rumori meccanici interrompevano continuamente la quiete dell'abbazia, ma Fra Injo sapeva come tenere a bada gli altri frati ed evitare proteste o, peggio, torture carnali.
- Attento, il pezzo K35 va montato sotto la batteria non sopra! - Urlò piano Fra Tello.
- Shh, Tello, fai silenzio. Vedi qui? hai il foglio al contrario. - Constatò Fra Injo rigirando il manuale dell'iPod.
Fra Tello, offeso, si ritirò nell'accanita lettura delle istruzioni, pur non capendoci nulla, ma continuando a seguire i comandi del confratello.
- Ma, - esitò Fra Tello - sei sicuro di riuscire a montarle queste casse? -
- Che domande, l'ho visto fare mille volte nei film. Funzionerà benissimo - Sentenziò Fra Injo.
- Se lo dici tu. - Confermò l'altro nella sua più totale ignoranza.
Il più saggio dei due continuò a saldare pezzi, collegare fili e stringere ganci per qualche ora, fino a quando il suo oggetto del desiderio fu completato.
- Spettacolare! - Esultò l'ebete.
Fra Injo teneva nelle sue mani un gioiello della tecnologia fatta in casa o, per meglio dire, fatta in chiesa. Una micro-cassa larga appena due centimetri e spessa uno, con una potenza tale da poter sprigionare un Ave Maria da cinquecento decibel, progettata esclusivamente ad uso clericale, permette di registrare fino a 30Gb di preghiere pronte per la ripetizione, l'ideale per le messe o per le orazioni mattutine; è facilmente inseribile nelle fessure del saio francescano, vicino la gola, e libera dagli obblighi monacali.
Dopo un'ora abbondante di ammirazione, estasiati da quel miracolo marchiato San Steve Jobs, i due si separarono: Fra Tello si diresse verso la sua cella, la 84, primo piano, seconda scala dal piano terra, mentre Fra Injo cancellava ogni traccia del misfatto.

L'alba del giorno dopo, in seguito alle preghiere mattutine recitate con la propria voce, si riunirono i quattro frati molto annoiati: Fra Injo, Fra Tello, Fra Gola e Fra Udolento.
- Che palle. Ieri sera ho mangiato troppo, devo chiedere del bicarbonato a Fra Schetta. - Esordì Gola.
- Fratelli, vi ricordo che oggi è un'altra giornata senza il nostro caro amico Uberto - Disse adirato Udolento.
- Amico mio, sono cinque anni che è morto, puoi anche smettere di ricordarcelo ogni giorno. Considerando che aveva centotrentatrè anni oltretutto. - Sbuffò Injo - Ho cose molto più importanti da mostrarvi. -
I frati furono subito sconvolti dal malvagio piano del fratello. Si fecero spiegare nel dettaglio il funzionamento del lettore MP3 e, fra le critiche di Udolento e l'approvazione incondizionata di Tello, Injo accettò di progettare e costruire altre tre mini-casse per i suoi amici.
Quello stesso pomeriggio si mise al lavoro e, oltre a confezionare pacchettini regalo per Tello e compagnia, registrò con un microfono di contrabbando il Padre Nostro per la messa del giorno (era Domenica). Tentò di ascoltarlo con le cuffie, e l'audio gli pareva perfetto: era pronto per l'opera.
Prima della cena, che avvenne regolarmente alle 19:30 nell'enorme refettorio, pieno di tavoli tarlati, lunghi quanto l'edificio stesso, e pronti ad ospitare centinaia di fedeli, distribuì gli strumenti digitali agli altri francescani, mentre lui stesso indossava la sua micro-cassa; gli altri seguirono le sue istruzioni e collegarono le loro all'iPod, anche se Udolento aveva un'espressione di disdegno sul viso, in parte contrario all'iniziativa. Tuttavia i suoi problemi di memoria e la sua continua stanchezza erano argomenti più che validi per convincerlo.
Terminato il pasto, i frati si alzarono e si riunirono in chiesa, poco sfarzosa e piuttosto essenziale, ma si erano sempre accontentati, pronti a recitare le numerose preghiere previste quel giorno.
L'Abate Cordièro fece il suo ingresso nel presbiterio, camminando ubriaco verso l'altare, dove diede le istruzioni per iniziare i canti.
Con un colpo secco, i quattro frati poco intonati avviarono il loro fedele iPod e, dotati di sistema monofonico impiantato presso la gola, iniziarono a cantare come in un perfetto coro evangelico.
Per molti minuti la situazione fu tranquilla, controllata dagli stop e play del congegno al ritmo della messa, ma al momento sbagliato successe qualcosa di indescrivibile.
Fra Injo, preso dal panico, premette il tasto sbagliato. Mentre tutti i frati si preparavano a inneggiare "Gloria a Dio nell'alto dei cieli", dalla sua bocca (o giù di lì) uscirono le prime note di "Immigrant Song" dei Led Zeppelin.
Data la spropositata differenza di decibel fra la voce del gruppo britannico e il frate, venne prodotto un rumore sicuramente più potente di un'esplosione atomica, al punto da rompere il 90% delle vetrate lì presenti; altri danni furono lo svenimento dell'Abate (tuttavia non per colpa dei cantanti ma del limoncello), mentre i quattro frati decisamente sfortunati si salvarono solo grazie all'aiuto di Fra Casso, che aveva apprezzato il notevole fracasso. Dall'abbazia furono banditi tutti i meccanismi digitali e a Fra Injo fu negato il permesso di prendere libri a tema tecnologico dalla biblioteca.

Chiuso nella sua cella, Fra Injo scontava la sua pena. 120 giorni con "Gloria a Dio nell'alto dei cieli" sparata nelle orecchie mediante un grammofono vecchio stile. Con tanto (di) Fra Casso, seduto fuori dalla cella per controllare eventuali fughe, fornito di ovatta a volontà.

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