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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

lunedì 19 gennaio 2009

Sempre la solita storia

Sempre la solita storia
Capitolo I

Sempre la solita storia. Niente di nuovo nell'ufficio di Tom Lankster: la luce della città entrava dalle finestre del secondo piano, filtrando attraverso le tapparelle argentate socchiuse. Piccole gocce di pioggia scivolavano innocenti sui doppi vetri, come è usuale dopo i leggeri ma frequenti acquazzoni londinesi. Nella stanza i colori erano spenti e ingrigiti e la porta che il detective avrebbe dovuto riparare da mesi cigolava ininterrottamente, spinta dalla brezza serale.
Desiderava essere seduto su una confortevole, comoda e profonda scrivania, come quelle che ci propinano i film americani, ma l'esiguo stipendio non glielo permetteva; ora si trovava su una classica sedia di legno, in una posizione alquanto scomoda, rimuginando sul caso in cui ora era impegnato.
Niente climatizzatore, ma un buon vecchio ventilatore, posto sull'armadio più alto, quello sistemato accanto la porta, produceva una corrente d'aria che avrebbe potuto rinfrescare tutta la stanza; ma il caldo di quelle notti estive, l'agitazione, i nervi a fior di pelle convinsero Tom a dirigere tutto il getto verso la scrivania, la quale si trovava proprio di fronte alla porta d'ingresso.
Lentamente scorreva le foto tra le mani, al ritmo del cigolio. I nomi erano scritti con un pennarello nero ai bordi delle otto polaroid, ma non conosceva nessuno di questi Alcuni avevano la faccia marcata dalle rughe o dai tagli della guerra, altri sembravano essere dei manager di Wall Street, dalla feccia alla crema della società. Il loro passato era oscuro, per quanto fossero personaggi caratteristici di certo non erano famosi, almeno, non a Londra. Le ricerche negli archivi non avevano avuto esito positivo, ne nei registri telefonici, ne sul database criminale, niente di niente: sembravano essere usciti dal nulla.
Otto numeri verdi lampeggiavano sul monitor del suo terminale: quindici cifre per ogni ognuno di quei volti. Non gli era stato fornito altro, solo un floppy disc con quei dannati numeri e le foto.
E il suo obiettivo.
Si passò lentamente una mano fra i folti capelli castani che lo caratterizzavano sin da bambino, mentre con l'altra tamburellava sulla tastiera. Aveva posato le foto, in attesa dell'ispirazione che tardava a illuminarlo, mentre i suoi occhi spenti fissavano lo schermo, elaborando improbabili teorie matematiche.
Con un gesto disinvolto e assonnato gettò lo sguardo sull'orologio da polso: era tardi, doveva andare a riposarsi, o il giorno dopo non si sarebbe mai svegliato.
In pochi passi si avvicinò al divano lì vicino, alzò la coperta e si coricò, togliendosi giusto le scarpe, prima di cadere in un lungo sonno.
Mano a mano il traffico si faceva meno intenso e, sebbene fosse la più grande metropoli d'Inghilterra, poco a poco la città iniziava a tacere.

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