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Minacce di VitaBuonasera, caro lettore o lettrice che perdi tempo su questo blog. Sarò sincero, devo ammettere che qui c'è veramente di tutto, da riflessioni esistenziali a invettive contro il sistema, dai cuori spezzati ai racconti più fantasiosi che io abbia mai scritto. In ogni caso, tutto questo sono io. Sotto tante facce. Potrei persino risultarti simpatico o tenero, ma la realtà è che, purtroppo, non me ne frega niente. Sono cinico, un pò stronzo, fedele solo alla mia morale, e non bado alla tua analisi psicologica. Non confondere la mia spiritualità e curiosità. Leggi e basta, sennò che diavolo di lettore saresti. Buona perdita di tempo.

sabato 20 settembre 2008

Gocce di Ferro

Quel pomeriggio le nuvole non accennavano a diradarsi, il cielo era cupo e incominciava a essere difficile scorgere l'orizzonte. La nebbia e la foschia non permettevano di vedere nulla oltre i venti metri, così come la pioggia forte e fitta disturbava la vista. Le gocce cadevano dure sull'ombrello, tamburellando come milioni di biglie rovesciate sulle mattonelle di casa, e proseguivano il loro cammino rimbalzando verso terra o fermandosi a riposare sopra la stoffa dei vestiti, ormai umidi e pesanti.
Era fermo anche lui, sul marciapiede di cemento, mentre osservava l'acqua scorrere verso i canali di scolo come file di auto che da vicoli secondari si gettano unite nella strada principale, persone diverse radunate in un torrente di smog e clacson. Nelle pieghe dell'asfalto il piccolo ruscello seguiva la forza di gravità, continuando impervio il suo percorso verso le fogne, raccogliendo i rifiuti della società: carte, sigarette, sacchetti di patatine e quant'altro sia troppo faticoso gettare in un cestino.
Chiuse l'ombrello. Ora le gocce scivolavano sopra i suoi folti capelli, lisciandoli sotto l'ordinato caos del diluvio, raffreddavano il collo come mani gelide d'estate, accarezzavano le mani e le loro curve, seguendole fino a cadere giù, fino in fondo.
Non era così male, la pioggia era quasi calda e quel tepore lo faceva sentire così libero. Con una calma inoppurtuna per chiunque, ripose l'ombrello nella borsa, bagnando i libri, gli appunti, le fotografie che aveva lì.
Cominciavano i tuoni. Rumori sordi nell'aria con forza si imponevano sugli scabri suoni della routine cittadina, lampi elettrici si sostituivano a lampi d'odio nella vita terrena.
Proseguì per il suo cammino, passo dopo passo, non badando alle pozzanghere che gli si presentavano davanti, nelle quali infilava tutto il piede fino a bagnare anche i pantaloni.
Giunse a casa, bagnato e sudato, sporco e esausto, probabilmente raffreddato. Mise la chiave nella serratura rimirando il cielo che lo aveva accompagnato in quel ritorno a casa, poi si sentì diverso mentre la girava, pensava alle gocce che aveva addosso e aprendo la porta, si sentì meglio. Aveva capito.

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